mercoledì 10 ottobre 2012

Raccontano di me...

Un estratto di un paper preparato per un esame nel lontano 2004.
Racconta un po' anche di me.


Quando cominciamo a meditare sul significato del nostro passato sembra che esso riempia tutto il mondo della sua profondità e grandezza.” (J. Conrad)

Al mio passato appartengono i temi dei romanzi scelti: sono cresciuta con le “favole” di Ulisse con la sua Odissea, e Santiago con il suo Marlin. Storie di mare che mi hanno accompagnata fino ad oggi ma che solo di recente sono riuscita ad avvicinare.

Entrambe le opere sono testimonianze della passione autobiografica degli autori per il mare: “La linea d’ombra” di J. Conrad e “Il vecchio e il mare” di E. Hemingway.

Esistono diverse analogie tra i due romanzi che affrontano i diversi aspetti della vita umana, in un viaggio metafora di vita con le sue difficoltà, ambizioni, aspettative, delusioni e sofferenze.
I grandi temi affrontati sono amicizia, speranza, coraggio ma anche solitudine e sconforto.
Si svolgono su due linee: quella che divide la giovinezza dalla maturità e quella che divide la disperazione dalla dignità.

In entrambe le opere si distinguono 3 momenti comuni: la descrizione dello stato mentale del protagonista e del suo rapporto con il mondo che lo circonda; la battaglia per la vita; la sconfitta che è redenzione.

Conrad racconta, in prima persona, i travagli esistenziali di un uomo che varca la linea d’ombra, il limite estremo che separa la giovinezza piena di facili speranze, dall’età adulta, “periodo più autoconsapevole e travagliato”.
Il protagonista si licenzia senza alcuna logica apparente. Vive uno dei tipici momenti giovanili, la “malattia dell’ultima giovinezza”: una corrente che trascina in un limbo dove subentrano molteplici fattori, consigli, fatti casuali, che influiscono sulle decisioni per la vita futura. Il ragazzo vorrebbe sciogliersi da tutto, non ascoltare il capitano Giles, non rispondere a chi lo chiama per assegnargli la sua missione, eppure ottiene il comando di una nave, andando addirittura contro il caso che stava per sottrargli l’occasione della sua vita.

Il vecchio Santiago di Hemingway vive solo, come se fosse colpito da una maledizione, e non riesce ad essere quello per cui è nato: un pescatore che non prende un pesce da 84 giorni.
Sono l’affetto e la solidarietà di Manolin, suo discepolo, e l’esempio di Joe di Maggio che gli permettono di trovare la forza di tornare in mare da solo in una disperata caccia all’occasione della sua vita.

Del capitano non si sa il nome e neppure l’aspetto fisico ma ugualmente riesce a rivelarci le pieghe più nascoste del proprio animo. Dall’entusiasmo del primo comando, che segna l’inizio dell’avventura, alla coscienza scossa dagli eventi negativi e portata a confrontarsi con l’intero arco dell’esistenza.
In questo racconto il mare non è il protagonista: la “calma piatta” rappresenta un momento di fermata, morte e disperazione ma anche di riflessione e di battaglia per la vita.

L’avventura del pescatore descrive la disperata lotta per la sopravvivenza, dove il mare occupa un ruolo centrale e i sentimenti umani si mescolano a quelli per la natura: il mare e le sue creature rappresentano ragione di vita e talvolta di morte.
La battaglia tra Santiago e l’enorme pesce spada dura giorni: da un lato della lenza c’è il pescatore solo, stanco, affamato e assetato e all’altra estremità c’è la vita, la forza di una creatura da rispettare, perché in fondo non ha cercato la battaglia.
Al termine della lotta il pescatore è contento di aver vinto la natura ma risentito per aver ucciso un essere vivente, animale forte e solo, con il quale arriva addirittura ad identificarsi.

Le avventure del capitano e del pescatore sono un pretesto per scavare a fondo nella propria coscienza e ritrovare la forza e la voglia di sopravvivere. Entrambe riescono a creare un senso di stupore e incredulità di fronte a eventi umani e naturali, e al tempo stesso un senso di partecipazione delle vicende e delle situazioni: il lettore diventa un compagno nella medesima avventura del vivere.

Si riesce a respirare l’odore del mare, a provare i tormenti e le sensazioni dei protagonisti, che danno voce all’interiorità di ogni uomo. Si ha la percezione di trovarsi in quella barca, di allungare la mano per reggere quel timone o quella lenza ed alleviare le sofferenze del capitano o del vecchio anche solo per un istante.

Sull’immobilità della nave, l’apatia, la disperazione, arriva una tempesta che sconvolgerà l’equilibrio di morte e consentirà di varcare il luogo di confine: porterà alla luce.
Il protagonista è vincitore e sconfitto al tempo stesso, pieno di senso di colpa per l’impotenza provata nei giorni di calma piatta, quando invece credeva di aver assunto il controllo della propria vita.
Si sente vecchio, la giovinezza è solo un pallido ricordo in quel viaggio che, anche se breve, ha attraversato tutte le stanze dell’esistenza.

Anche Santiago torna sconfitto: il Marlin preda, trofeo, simbolo del trionfo viene divorato dagli squali prima di tornare in porto. Eppure anche il vecchio è vincitore: ha ritrovato la speranza.

Raccontano due storie capaci, non solo di emozionare e di coinvolgere, ma di proiettare, attraverso l’azione, nell’esplorazione della vita interiore, di stimolare la riflessione, di farsi vicino a chi legge per condividere la stessa natura, liberi dal tempo e dal ruolo del personaggio.
Ogni singola frase, ogni parola, ha un significato che va oltre, scava nell’anima.

Dalla battaglia col trascorrere del tempo e contro i suoi limiti, maturità, vecchiaia e morte, l’uomo esce provato ma non sconfitto. Non è la vittoria ma la voglia di combattere per un ideale che avvince il lettore, esattamente come nella vita.
E’ la solidarietà il motore che conduce al traguardo entrambi i protagonisti: solidarietà nei confronti dell’equipaggio nel primo, e solidarietà nei confronti del “fratello” pesce che si è immolato per riaccendere la speranza nella vita.

Come il capitano ho vissuto il mio passaggio dalla giovinezza alla maturità, passando dalle crisi al deserto, dalla malattia alla tempesta fino alla redenzione. Allo stesso tempo mi sono persa col vecchio pescatore in mare aperto, ho visto abboccare il pesce, l’ho visto saltare, ho lottato e ho pianto con lui quando gli squali me l’hanno portato via.
Esattamente come piangevo da bambina quando mio padre, marinaio e pescatore, raccontava la storia di Santiago, ma non gli sarò mai abbastanza grata per avermi trasmesso la speranza, perché un uomo può morire ma non può essere sconfitto.

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